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Tour sud del Marocco ad agosto tra valli, kasbah e deserto

Pubblicato: Ultimo aggiornamento il
Gole di Dades Marocco

Come organizzare un tour a sud del Marocco? Quali tappe inserire? Quanti giorni programmare? Come muoversi?

Il tour a sud del Marocco che abbiamo scelto per i nostri 14 giorni in Marocco ad agosto dal deserto del Sahara all’oceano Atlantico, si chiama “The great south” ed è stato gestito da un’impeccabile agenzia specializzata in questo genere di esperienze (scrivete una mail a monica@turistadimestiere.com per tutti i dettagli).

Perché rivolgersi a un’agenzia?

Diciamolo subito: non è indispensabile, potrete noleggiare un’auto, studiare l’itinerario che è maggiormente nelle vostre corde, valutando tappe e tempi di percorrenza, localizzando i distributori di benzina e scegliendo riad e ristorantini tipici. Francamente però sin da subito abbiamo realizzato che non sarebbe stato semplicissimo perché il sud del Marocco ad agosto è impegnativo, per le temperature e le distanze.

Avevamo letto raccomandazioni sui limiti di velocità da rispettare per non incorrere in multe salate incappando in uno dei numerosi posti di blocco dislocati lungo le strade (li abbiamo visti con i nostri occhi) e di tenere presente che nei luoghi più remoti a ridosso del deserto avremmo potuto penare per trovare distributori nel raggio di chilometri e riad in cui dormire.

Insomma, non parliamo di un viaggio che può essere improvvisato e noi abbiamo voluto goderci i nostri 6 giorni nel deserto, apportando modifiche minime all’itinerario (perfetto) propostoci dall’agenzia. Il nostro validissimo contatto, parla l’italiano qualora non riusciste a comunicare in inglese ed è stato sempre presente durante il tour con messaggi via whatsapp per verificare la nostra soddisfazione e chiedere se avessimo bisogno di altro.

Cosa era compreso nel pacchetto? 4×4, benzina, autista, guida, tutti i pasti (colazione, pranzo e cena), tutti i (favolosi) riad e i ticket di accesso per le visite qualora previsti.

4x4 sud marocco

Il 4×4 utilizzato nel nostro on the road nel sud del Marocco

[NB non vi forniremo, nel rispetto dell’agenzia che ha lavorato per confezionare questo pacchetto, i nomi dei riad in cui abbiamo alloggiato ma vi possiamo garantire che lo standard previsto è davvero alto. Le strutture sono tutte a gestione familiare, pulite, graziose e forniscono un servizio di ristorazione impeccabile].

L’itinerario del tour sud del Marocco si è articolato così

Giorno 1) Volo Roma – Casablanca (l’ideale sarebbe atterrare e ripartire da Marrakech ma noi non abbiamo trovato il volo diretto e i prezzi comunque proibitivi del volo con lo scalo ci hanno indotto a preferire Casa). Notte a Casablanca.

Giorno 2) Trasferimento a Ouazarzate, la porta del deserto, via Marrakech (abbiamo preso un treno da Casablanca per Marrakech e alla stazione ferroviaria è iniziato il nostro viaggio in auto).

Ouarzazate e Ait Ben Haddou

Nel nostro immaginario il deserto è fatto di sabbia ma in realtà la superficie può essere anche rocciosa e ghiaiosa. La nostra guida ci ha spiegato che quando si parla di sabbia e dune, il deserto prende il nome di Erg; quando si parla di ghiaia, il deserto prende il nome di Reg (o Serir).

Siccome però noi venivamo da Marrakech, abbiamo dovuto attraversare prima l’Alto Atlante (una catena montuosa che fende il Marocco dall’Oceano fino al confine con l’Algeria con cime che sfiorano i 4.200m!) caratterizzato da panorami inusuali rispetto alla classica cartolina marocchina fatta di suk e medine.

Abbiamo ammirato pascoli, boschi e insediamenti incastonati tra le rocce valicando il passo Tizi n’Tichka a quota 2.260 metri, il più alto del Marocco. Scendendo verso Ouarzazate, abbiamo fatto una piccola deviazione per Ait Ben Haddou, la cittadella fortificata edificata su una collina lungo la suggestiva rotta carovaniera tra il Sahara e Marrakech.

Esperienza a dir poco magica! Il ksar non solo era praticamente deserto a quell’ora ma il tramonto ha conferito agli edifici realizzati in fango, acqua e paglia dei colori ambrati davvero suggestivi!

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La vista su Ait Ben Haddou, la cittadella fortificata ai piedi dell’Atlante dal letto del fiume in secca

Ait Ben Haddou è uno dei 9 siti del Marocco inseriti nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1987 per l’eccezionale grado di conservazione delle torri angolari, delle kasbah, dell’antico granaio in cima alla collina.

L’originalità del complesso ha indotto numerose produzioni cinematografiche e televisive a scegliere il villaggio come set per i propri film.

La Yunkai di Game of Thrones ad esempio, è stata ambientata proprio qui ma non mancano pellicole del passato di grande successo come Lawrence d’Arabia, Il gioiello del Nilo, L’ultima tentazione di Cristo, Il tè nel deserto, Il gladiatore, Babel, The queen of desert solo per citarne alcuni!

Ait-Ben-Haddou-panorama

Panorama dalla cittadella di Ait Ben Haddou sulla città nuova

Noi non siamo entrati dal ponte, costruito per agevolare l’accesso quando il fiume è in piena, ma dall’ingresso opposto, approfittando del greto asciutto. Quando si forma un rigagnolo di acqua e fango, molti lo guadano a dorso di mulo. Perché passare da qui? Per la superba vista sulla cittadella!

Ad Ait Ben Haddou non è previsto il pagamento di un biglietto ma di un obolo da versare all’ingresso per contribuire ai continui restauri di cui il complesso necessita (10 dirham, 1 euro scarso). Abbiamo chiuso la giornata con una cena da leccarsi i baffi in un carinissimo riad di Ouarzazate dove abbiamo anche dormito.

Non è un caso dunque che Ouarzazate sia definita la Hollywood d’Africa. Vicinissima a siti come Ait Ben Haddou o lo ksour di Tamnougalt (scelto da Bertolucci per altre scene di Il tè nel deserto) ha investito nell’industria del cinema realizzando i due studi cinematografici Atlas!

Giorno 3) Tappa a Skoura, un’oasi che si trova nella Valle delle mille Kasbah (anche chiamata Valle del Dadès). 

Marocco-oasi-Skoura-Amridil

Uno scorcio della sorprendente Kasbah Amridil nell’Oasi di Skoura

Valle delle mille Kasbah

L’oasi ci è apparsa in tutta la sua lussureggiante bellezza come un miraggio nel deserto: una estesa macchia di verde brillante in cui prosperano palme da dattero, alberi di fichi, mandorli, alberi di melograno e noci.

L’obiettivo principale era la scoperta di Amridil, la kasbah più bella di quest’oasi, edificata nel 1600 e in parte trasformata dal proprietario (erede della famiglia Nassiri che ha edificato la Kasbah e ci vive da sempre) in una specie di museo etnografico. La nostra guida ci ha raccontato degli aneddoti ma se siete nell’oasi individualmente, potrete chiacchierare direttamente con il proprietario.

Volendo, potrete anche concedervi una passeggiata nella palmeraia (estesa su una superficie di 25kmq) a piedi o a dorso d’asino e se verrete colti dal desiderio di assaggiare un frutto, accattivati dal colore o dal profumo, sarete i benvenuti. Coglietene uno e mangiatelo.

La straordinaria generosità del Marocco si avverte anche in queste piccole concessioni verso il viandante, chiunque esso sia. Purché mangi per sfamarsi e non per portare con sé un cesto di frutta. Siate morigerati dunque!

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Le cime di queste montagne nella Valle del Dadès ricordano le dita delle scimmie tanto da essere conosciute come Monkey Fingers. In basso c’è un bellissimo canyon!

Da Skoura ci siamo diretti al Monkey Fingers Canyon passando per la Valle delle Rose in cui, ogni anno a maggio, viene celebrato un festival internazionale.

Questo canyon è una chicca davvero poco conosciuta ma è bene avventurarsi solo con una guida che lo conosce bene perché il percorso non è segnalato, alcuni punti sono particolarmente insidiosi e il trekking può durare da un’ora e mezza a quattro a seconda del passo e del percorso scelto. E’ meta anche di alpinisti e arrampicatori perché le pareti si prestano a questo tipo di sport. Quando siamo andati noi, ha iniziato a tuonare minacciando pioggia.

La nostra guida ci ha spiegato che se avesse iniziato a piovere saremmo dovuti uscire in fretta dal canyon per questioni di sicurezza perché si sarebbe potuto formare un fiumiciattolo difficile da guadare visto anche il nostro abbigliamento quindi non esponetevi a rischi inutili col fai da te (il tempo nel deserto è davvero volubile e cambia repentinamente, tra l’altro).

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Un tratto del canyon che attraversa le Monkey Fingers

Terminato il trekking, abbiamo attraversato Ait Arbi, un microscopico villaggio che è adagiato nella valle, letteralmente incastonato in una roccia contorta e deformata dalla bizzarria degli eventi atmosferici. Noterete molti fori nei costoni: sono grotte artificiali utilizzate come ricoveri per gli animali da parte delle popolazioni nomadi che si sono stanziate localmente.

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Ait Arbi, il villaggio incastonato nella Valle di Dadès ai piedi delle Monkey Fingers

Gole del Dadès

Tornati (finalmente) alla macchina, ci siamo avviati verso le Gole di Dadès: spettacolari gole scavate dal fiume omonimo e che si possono ammirare già in auto!

Il punto più panoramico è sicuramente il Tissadrine, il burrone dal quale si può contemplare la strada che si contorce dalla valle verso la cima (fermatevi in una delle piazzole). Se volete concedervi più tempo, valutate l’hotel nella foto sotto (vista straordinaria ma noi non ci abbiamo dormito quindi ci limitiamo a segnalarvelo per la sua posizione fantastica sulla gola!).

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L’hotel Timzzillite, indubbiamente panoramico, sulle Gole del Dadès

L’impegnativa giornata si è chiusa con una strepitosa cena in un grazioso riad nella Valle di Todra che avremmo visitato l’indomani.

E voi, siete assicurati? Quale assicurazione di viaggio scegliere? Io ho scelto Columbus (e voi avete uno sconto se l’acquisterete tramite Turista di mestiere!).

Giorno 4) Escursione nelle Gole di Todra fino al punto più stretto tra le due pareti che strapiombano da 160 metri! Transfer in direzione Merzouga, per raggiungere Hassilabied un piccolo villaggio da cui si parte per le enormi dune dell’Erg Chebbi (le ergs, le grandi dune di sabbia portata da vento, in Marocco sono due, una è l’Erg Chebbi, l’altra è l’Erg Chigaga) a dorso di dromedario. Notte in un bivacco nel deserto.

Gole di Todra

Terza “levataccia” (ebbene si, in vacanza possiamo dirlo che la sveglia alle 7.30 sia un oltraggio!!!) compensata dalla piacevole passeggiata nella fertile Valle di Todra (ricca di alberi da frutto e piccoli appezzamenti di terreno amorevolmente coltivati) che ci ha trionfalmente introdotti nelle Gole di Todra.

I più pigri (o quelli che hanno meno tempo) possono entrare anche in auto (si pagano pochi spiccioli) ma in effetti ha più senso parcheggiare prima e fare l’ultimo tratto – il più suggestivo – a piedi perché il senso di meraviglia quando si arriva nel punto più stretto tra le due pareti che strapiombano da 160 metri è indescrivibile!

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Le Gole di Todra

Le pareti costituiscono ovviamente un invito allettante anche per gli scalatori meno esperti visto che in un punto in fondo alla gola è possibile cimentarsi in una ferrata di moderata difficoltà. Andate al mattino presto perché già quando siamo arrivati noi (alle 10 circa) c’era un discreto movimento. Non osiamo immaginare in tarda mattinata!

Il deserto

Dopo un tè alla menta, ci siamo rimessi in auto alla volta di Merzouga perché la vera avventura doveva ancora iniziare!

Merzouga è un piccolo villaggio incastonato in un’oasi del deserto marocchino a una manciata di chilometri dall’Algeria (vi è stato girato il finale di Marrakech Express!).

E’ qui che è iniziata la nostra avventura per una notte nel deserto del Sahara!

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Dromedari pronti per il camel ride nell’Erg Chebbi

Una fantastica esperienza che mi ha permesso di realizzare la prima delle 100 cose da fare prima di morire del 2017

Giorno 5) Alba tra le dune, rientro a Hassilabied in dromedario, tour in auto nel deserto chiamato “Reg”, una distesa caratterizzata da un misto di sabbia e ghiaia.

Tè in tenda presso una delle decine di famiglie nomadi disseminate nell’enorme deserto sahariano e tappa presso Khamlia, una piccolissima comunità di Gnawa, un gruppo etnico originario dell’Africa nera, che si è insediato alle porte dell’Erg Chebbi (e in altre aree del Maghreb). Presso la comunità potrete assistere allo spettacolo di giovani musicisti della tribù. Notte ad Hassilabied.

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I giovani musicisti del villaggio Khamlia

Giorno 6) Transfer verso la verdeggiante Valle del Draa per ammirare i numerosi ksour disseminati tra chilometri di palmeti.

Valle del Draa

La Valle del Draa è una fertile oasi che prende il nome dal fiume più grande del Marocco.

Il Draa nasce sull’Alto Atlante, viene incanalato da una diga – eretta nel ’72 all’altezza di Ouarzazate per salvaguardare la valle dalle esondazioni – e all’altezza di Agdz alimenta una lussureggiante palmeraia lunga 200km caratterizzata da ksour, palme cariche di datteri e un reticolo di orti irrigati da un semplice ma funzionale sistema di canali.

Scoprirete come la gente del posto sia riuscita a strappare terreno al deserto per renderlo un rigoglioso giardino capace di sfamare le comunità locali.

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La lussureggiante palmeraia della Valle del Draa

Abbiamo dormito ad in un riad vicino Agdz e la fortuna ha voluto che proprio quella sera si stesse celebrando un matrimonio. Ci hanno spiegato che i festeggiamenti durano tre giorni: non so in che fase delle celebrazioni io sia capitata. So solo di aver visto tante donne sedute attorno a dei tavolini bassi in strada, vestite di mille colori, tutte intente a mangiare e a chiacchierare.

Non sono riuscita a individuare la sposa. Io avevo al collo la mia reflex. Avrei voluto (disperatamente) fotografarle ma ho preferito rispettare quel momento privato perché sebbene fossero in pubblico è evidente che non fossero (molto) abituate agli stranieri da quelle parti. Quando sono passata, ho visto forchette fermarsi  a mezz’aria e il vociare interrompersi. Mi basterà il ricordo.

Giorno 7) Transfer verso Essaouira passando per Tazenakht, la capitale dei tappeti, Taliouine, la capitale dello zafferano e Aouluz, la capitale dell’olio di Argan.

I tappeti francamente non ci interessavano (avevamo già fatto a Marrakech l’esperienza dell’acquisto – estenuante – di due scendiletto con tanto di tè servito nel bel mezzo della trattativa) quindi abbiamo preferito fermarci in un locale dove vendono lo zafferano prodotto localmente.

Abbiamo assaggiato per la prima volta il tè allo zafferano e abbiamo voluto fare qualche foto per immortalare – increduli – le capre che si arrampicano sugli alberi di argan!

Le capre salgono sui rami che svettano fino a 10 metri di altezza perché sono ghiotte di foglie e frutti.

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Capre che affollano un albero di argan (e qualcuna si mimetizza tra i rami)

Contribuiscono alla diffusione dell’argan, chiamato anche “albero delle capre”, perché rosicchiando la parte carnosa del frutto ne sputano il seme. Forse per questo è l’albero più diffuso in Marocco dopo la quercia?

Certamente ha contribuito l’inserimento dell’argan nel Patrimonio dell’Umanità Unesco nel 1996 quando ha rischiato di scomparire per il disboscamento selvaggio.

Da Aoulouz a Essaouira, troverete valli ricche di argan (e capre), cooperative di donne impiegate nella produzione dell’olio non solo cosmetico ma persino alimentare (è buonissimo per condire il cous cous, provatelo!).

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Donne che lavorano i due tipi di olio di argan: a uso cosmetico, quello chiaro e a uso alimentare quello scuro

Potrete assistere alle fasi di produzione in una di queste cooperative scoprendo che l’olio destinato a uso alimentare viene ottenuto con la tostatura dei noccioli (è scuro e profumato); quello destinato a uso cosmetico viene spremuto a freddo (è chiaro e inodore perché non vengono aggiunte essenze).

Pensate che il nostro viaggio in Marocco si sia concluso dopo soli 6 giorni nel deserto? Assolutamente no, siamo andati a Essaouria per respirare l’oceano! Leggete Cosa vedere a Essaouira e Dove dormire a Essaouira!

4 commenti

Paul 21 Giugno 2019 - 10:50

Buongiorno, bellissimo articolo. Sto progettando di andare anche io in marocco quest’anno con la mia fidanzata e quindi stiamo navigando un po’ in rete per cercare la soluzione migliore. Dei nostri amici che ci sono già stati ci hanno consigliato un viaggio più lungo tra marrakech, il deserto, e poi a nord verso fes per tornare a rabat, essaouira e quindi di nuovo a marrakech. Tu cosa ci consigli?

Rispondi
Monica Nardella 18 Gennaio 2020 - 23:12

Lo trovo un itinerario molto lungo e a suo modo “stressante”, temo stareste tutto il tempo in auto visto che pensate di andare da sud a nord e di nuovo a sud. Molto meglio da Marrakech andare a Essaouira, poi verso il deserto quindi a nord facendo base a Fes con visite giornaliere verso Asilah e Meknes. Ripartirei da Fes, piuttosto che scendere nuovamente a Marrakech solo per vedere Rabat…

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Vincenzo 27 Novembre 2018 - 19:01

Bellissimo articolo!
Quindi il Marocco ad Agosto è fattibile! Non si muore di caldo?

Rispondi
Monica Nardella 9 Dicembre 2018 - 21:40

Vincenzo fa caldo ma è un caldo secco, secondo me assolutamente gestibile (anche perché tra le valli il clima è decisamente più clemente). Credo faccia molto più caldo a Marrakech, ad esempio.

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