Agosto è il mese in cui l’Africa orientale mostra il suo volto più spettacolare e il Kenya emerge come la destinazione ideale per un safari indimenticabile. La Grande Migrazione raggiunge il suo apice in Kenya quando le mandrie di gnu e zebre, provenienti dal Serengeti in Tanzania, si riversano nel Maasai Mara.
In un flusso incessante si muovono verso il fiume Mara, dando vita ai celebri crossing: momenti drammatici in cui migliaia di animali affrontano le acque infestate da coccodrilli. Sulle rive, leoni, leopardi e altri grandi predatori attendono pazienti, orchestrando scene di caccia che sembrano uscite da un documentario.
Gli avvistamenti dei Big Five raggiungono il loro picco, le conservancies private offrono esperienze più intime e, grazie ai numerosi voli e alla possibilità di combinare safari e mare a Diani o Watamu, il Kenya sa unire emozione selvaggia e logistica perfetta.
In questa guida vi spieghiamo perché il Kenya sia il luogo ideale dove fare i safari in Africa ad agosto e come trasformare un semplice viaggio in una vera immersione nella savana africana!
Il Kenya non si visita: il Kenya si vive. Hakuna Matata, il viaggio sta per cominciare!
- Informazioni generali sul Kenya
- Avvistamento dei big five
- ICosa mettere in valigia
- Itinerario giorno per giorno
- Faq e consigli pratici
Informazioni generali sul Kenya
Il Kenya ad agosto è l’Africa che immagini da bambino: la savana dorata del Masai Mara, le acacie solitarie, le montagne blu all’orizzonte, il vento caldo che scuote le chiome degli alberi e porta con sé il profumo di terra, di pioggia e di fiori selvatici. Ad ovest si estende il Lago Vittoria, a nord le regioni aride del Turkana, a sud il profilo leggendario del Kilimangiaro, e a est l’Oceano Indiano, con le spiagge di Diani, Watamu e Malindi che trasformano la luce in polvere d’oro. Ogni paesaggio ha la sua voce: i richiami degli animali nelle riserve naturali, il fruscio dell’erba alta nei parchi del Kenya, la melodia dei mercati di Nairobi, i tamburi dei Masai che riecheggiano nella notte.
Una natura che non smette mai di sorprendere: nel Masai Mara, Laikipia, Nakuru e Naivasha, leoni sdraiati all’ombra, grandi mandrie in movimento, elefanti che attraversano il bush con passo solenne, fenicotteri che trasformano i laghi in tappeti rosa, leopardi nascosti tra i rami e giraffe che disegnano arabeschi nel cielo.
Qui, ad agosto, potete assistere al miracolo della Grande Migrazione, quando oltre un milione di gnu, zebre e gazzelle attraversa il fiume Mara sfidando predatori e correnti. Ma il Kenya è anche regno di piccole meraviglie: uccelli di ogni forma e colore, farfalle rare, baobab millenari e fiori sconosciuti che resistono al vento.
La Rift Valley, che si estende dall’Etiopia fino al Mozambico, è chiamata la culla dell’umanità perché qui sono stati ritrovati alcuni dei fossili più antichi dei nostri antenati, come Australopithecus e Homo habilis. I suoi laghi, fiumi e foreste offrirono un ambiente ideale per la vita e lo sviluppo dei primi ominidi, rendendo quest’area fondamentale per comprendere l’evoluzione della specie umana.
Nei secoli il Kenya fu terra di viaggiatori e mercanti: arabi che portarono lo swahili e le spezie, portoghesi e britannici che costruirono fortini e ferrovie, esploratori europei che ne rimasero affascinati (Karen Blixen, Beryl Markham, Ernest Hemingway…). Nel ‘900, la storia fu anche lotta: la resistenza dei Mau Mau, la nascita della bandiera nazionale nel 1963 e l’indipendenza, i sogni di una nazione giovane e orgogliosa.
Oltre 40 gruppi etnici vivono in Kenya, dai Masai con le vesti rosse e danze ipnotiche, ai Kikuyu, ai Kamba, ai Luo, fino a Samburu, Turkana e Swahili. Ogni popolo ha una lingua, un canto, un modo di accogliere lo straniero. Nairobi è una metropoli piena di energia, dove ai grattacieli si alternano mercati di stoffe e spezie, taxi matatu e suoni reggae; sulla costa, la vita segue il ritmo lento delle maree e dei profumi del chai e del pesce appena pescato.
Visitare il Kenya ad agosto significa lasciarsi sorprendere, abbandonare le certezze occidentali e imparare l’arte dell’attesa. Stupirsi per un tramonto che non si riesce a fotografare fino in fondo, per il battito d’ali di un ibis, per la gentilezza degli sguardi, per la spiritualità che si respira nei parchi e nei villaggi. Significa scoprire che “pole pole”, piano piano, è la filosofia più giusta per godersi la vita, e che “karibu” – benvenuto – non è solo una parola, ma un invito sincero a sentirsi parte di qualcosa di più grande.
Perché il Kenya: qui la natura non è uno sfondo, ma la protagonista. Ogni giornata è una lezione di meraviglia e umiltà. Nessun luogo è più adatto per sentirsi viaggiatore e non turista. Chi torna dal Kenya ad agosto porta con sé il ritmo lento, la luce speciale e quella nostalgia dolce che solo l’Africa sa regalare, e ricorderà per sempre Masai Mara, Laikipia, Nakuru, Naivasha, Tsavo, Amboseli come tappe indimenticabili di un safari perfetto.
100 cose da fare prima di morire: avvistare i Big Five
Tra le mie 100 cose da fare prima di morire, avvistare i Big Five era una delle più emozionanti e in Kenya ci sono riuscita in soli 4 giorni!
Il termine, così celebre nei safari africani, non indica gli animali più grandi del continente, come molti pensano, ma quelli più difficili e pericolosi da cacciare a piedi: leone, leopardo, rinoceronte, elefante africano e bufalo africano. Questo concetto nacque alla fine del XIX secolo, quando i cacciatori europei consideravano questi cinque animali i trofei più prestigiosi e impegnativi da ottenere.
Oggi, il significato è cambiato: il “Big Five” è diventato una sorta di checklist per i safari fotografici, un simbolo della maestosità e della rarità della fauna africana. Vederli dal vivo, tra savane, pozze d’acqua e cieli infiniti, significa entrare in contatto con l’essenza selvaggia dell’Africa, comprendere il ruolo centrale che questi animali hanno negli ecosistemi e vivere un’esperienza che resta impressa per sempre.
Kenya ad agosto: itinerario giorno per giorno
9 agosto – Nairobi
Volo notturno per Nairobi da Roma Fiumicino con Ethiopian Airlines, con scalo ad Addis Abeba. Arrivo nella capitale kenyana e trasferimento al Tamarind Tree Hotel. Prima immersione nel ritmo africano con possibilità di curiosare nel mercato locale. Cena e pernottamento.
10–12 agosto – Maasai Mara
Il Maasai Mara è l’immagine stessa dell’Africa sognata: savane infinite puntellate di acacie, cieli larghi come orizzonti, mandrie in movimento e il battito del cuore della natura. Ad agosto, la Grande Migrazione trasforma il parco in un teatro vivente con centinaia di migliaia di animali, tra predatori e prede, polvere e poesia. All’alba, la bruma si dissolve tra i ruggiti dei leoni; di notte, il bush si accende di rumori misteriosi. Ogni giornata qui è un viaggio nella meraviglia.
Il parco prende il nome dai Maasai, i pastori-guerrieri che hanno abitato queste pianure per secoli, e dal fiume Mara che ne segna i confini. I Maasai si riconoscono per gli abiti rossi, i monili colorati e le danze saltate (adumu).Nel periodo coloniale, molte terre Maasai furono espropriate, ma oggi il turismo rappresenta anche un’opportunità di riscatto. La cultura Maasai è ricca di miti, leggende e rituali legati alla natura: ogni animale ha un significato, ogni paesaggio una storia.
Il mio hotel: Zebra River Camp
Immaginate di addormentarvi in una tenda ampia e confortevole, con la savana che si apre davanti a voi come un mare dorato e i rumori del bush che fanno da colonna sonora alla notte. Al mattino, il risveglio ha il sapore dell’alba: una colazione servita sulla veranda mentre la luce rosa accarezza l’orizzonte e i primi raggi del sole scaldano lentamente la terra.
La sera, invece, il ritmo cambia: attorno al fuoco scoppiettante si ascoltano i racconti antichi e affascinanti delle guide Maasai, mentre il cielo africano si riempie di stelle. E se volete rendere la vostra esperienza ancora più speciale, potete scegliere un “bush breakfast/lunch” in mezzo alla natura o sorseggiare un aperitivo davanti alle zebre che brucano l’erba o gli ippopotami immersi nel fiume.
Alle porte del campo c’è un villaggio Maasai. Noi abbiamo voluto visitarlo ma onestamente ci è sembrata un’esperienza confezionata esclusivamente per i turisti a un prezzo esorbitante: 30$ a persona per l’ingresso, visita di una casa tradizionale e passeggiata nel mercatino dove acquistare un articolo artigianale. Sconsigliato.
13 agosto – Lake Nakuru
Lake Nakuru, patrimonio UNESCO, appare come un gioiello liquido incastonato nella Rift Valley. Questo lago salato il cui nome deriva dal termine Maasai “luogo della polvere o del vento” – un richiamo poetico alle forze naturali che modellano la valle – è circondato da foreste di acacie gialle che si piegano al vento, colline morbide e pareti di tufo che precipitano dritte nell’acqua. Il parco è stato istituito nel 1961 per proteggere i fenicotteri che, quando arrivano a decine di migliaia lungo gli argini, trasformano l’orizzonte in un dipinto vivo, tanto da essere definiti “pink clouds”.
Il Nakuru è anche uno dei pochi parchi africani dove è relativamente facile avvistare sia il rinoceronte bianco che quello nero, un risultato straordinario di conservazione. Il lago conserva anche tracce del passato coloniale. Le rive del lago furono amate dai primi esploratori europei e qua e là resistono ancora antiche missioni e lodge storici, silenziose memorie di un’epoca che ha contribuito a raccontare Nakuru al mondo.
Un safari in questo parco vi farà immergere in una sinfonia di vita selvaggia: oltre agli stormi di fenicotteri e pellicani che disegnano geometrie nell’aria, potrete avvistare giraffe di Rothschild intente a brucare tra le acacie, branchi di bufali e zebre che attraversano placidi la savana, mentre ippopotami sonnolenti si celano nei canneti. Al tramonto, il lago si fa specchio e regala riflessi dorati, rossi, viola. In cielo, le aquile pescatrici compiono picchiate fulminee, testimoniando la potenza della natura in azione.
Il clima accompagna la scoperta con una piacevole variabilità: fresco la mattina e la sera, con temperature tra i 14 e i 25 gradi, e quella nebbiolina sottile che avvolge il risveglio rendendo l’atmosfera quasi mistica. Le piogge ad agosto sono rare, ma il cielo africano ama sorprendere con cambi di luce improvvisi.
Il mio hotel: Sarova Lion Hill Game Lodge
Adagiato sul promontorio di Lion Hill, il Lodge regala viste spettacolari sul lago e sulle celebri distese di fenicotteri rosa.
Gli chalet in stile africano sono circondati da giardini rigogliosi e studiati per offrire a ciascun ospite un balcone privato con vista: albe che tingono il cielo di rosa, tramonti che incendiano l’orizzonte, silenzi rotti solo dal canto degli uccelli. Qui il safari in Kenya comincia già dalla veranda della vostra stanza.
Dopo una giornata in jeep, ci si può rilassare nella piscina riscaldata o lasciarsi coccolare nella Tulia Wellness Spa, tra massaggi olistici e fragranze africane. La sera, la convivialità si accende al Flamingo Restaurant, dove la cucina unisce sapori internazionali e piatti locali, spesso arricchiti da ingredienti raccolti nell’orto del lodge. Per chi ama le atmosfere uniche, il Rift Valley Bar offre aperitivi al tramonto con vista sul lago, accompagnati a volte da danze tradizionali.
Il lodge non è solo lusso e comfort, ma anche sostenibilità: premiato con la Silver Eco-Rating di Eco Tourism Kenya, investe nella tutela ambientale e nel sostegno delle comunità locali.
Il Sarova Lion Hill è molto più di un alloggio: è un’esperienza immersiva, un invito a vivere la magia della Rift Valley tra natura selvaggia, cultura e relax. Un luogo in cui ogni giornata si trasforma in un racconto da portare con sé per sempre.
14 agosto – Lake Navaisha
Il Lake Naivasha è un’oasi sorprendente nel cuore della Rift Valley: un grande lago d’acqua dolce avvolto da foreste di acacie, papiri ondeggianti e fiori selvatici. Ospita oltre 400 specie di uccelli, una nutrita popolazione di ippopotami e proprio qui vive la rara giraffa di Rothschild. L’atmosfera è più rilassata rispetto ai grandi parchi: qui si vive al ritmo lento dell’acqua e dei giardini, con la luce dorata del tramonto che ogni sera trasforma il paesaggio in un quadro.
Tra le varie esperienze, vi consigliamo il safari boat, un giro in barca che vi porterà sulla sponda opposta per passeggiare tra zebre, giraffe, scimmie colobus e cercopitechi e persino – mantenendo la dovuta distanza – ippopotami!
A pochi chilometri, Hell’s Gate National Park offre un contrasto sorprendente: gole profonde e spettacolari, pilastri di roccia vulcanica che si innalzano come cattedrali naturali e getti di vapore caldo che emergono dal terreno. Anche qui potrete camminare o pedalare accanto a zebre, giraffe e bufali: un vero “parco avventura” immerso nella natura selvaggia. Altro dettaglio non trascurabile: Hell’s Gate ha ispirato i paesaggi del film Il Re Leone e deve il suo nome a una stretta gola scavata tra rocce laviche.
Il territorio attorno a Naivasha porta con sé anche una storia affascinante. Negli anni ’30 le rive del lago erano la “capitale del tempo libero” degli inglesi del periodo coloniale, animate dalle feste leggendarie della cosiddetta Happy Valley Set. Ma il luogo conserva anche un significato più antico: per i Maasai, Hell’s Gate era una porta verso il mondo degli spiriti. Oggi, accanto alla sua bellezza naturale, l’area è conosciuta per la produzione di fiori destinati ai mercati internazionali e per le grandi serre alimentate da energia geotermica, un unicum in Africa.
Il mio hotel: Enashipai Resort & Spa
Il nome “Enashipai”, tratto dalla lingua Maasai, significa “luogo della felicità” — e questo nome custodisce perfettamente l’essenza del resort: un rifugio dove la natura incontra il lusso. Il resort offre camere spaziose e confortevoli immerse in giardini lussureggianti oppure cottages in self-catering. Ma siccome l’offerta culinaria è ampia, consigliamo di includere i pasti in uno dei ristoranti della struttura che propongono ricette keniane e internazionali con ingredienti freschi e genuini. Per coloro che vogliono rilassarsi dopo una giornata in giro, c’è lo Siyara Spa, un centro benessere dal nome swahili che evoca la natura che offre trattamenti olistici e rituali ispirati all’energia africana. Sempre all’interno del resort c’è il Maa Museum, primo museo privato dedicato alla cultura Maasai.
15–16 agosto – Amboseli National Park
L’Amboseli è il luogo in cui l’Africa diventa cartolina vivente: un’immensa distesa di pianure dorate che si apre ai piedi del maestoso Kilimangiaro, la montagna innevata che veglia sulla savana spesso celata da un velo di nuvole. Se volete assistere con certezza allo spettacolo, ineguagliabile, degli elefanti che avanzano lenti con la vetta più alta del continente sullo sfondo, non dovete venire in agosto. Purtroppo il periodo migliore per vedere il Kili senza nuvole va da gennaio a marzo.
Il paesaggio alterna pianure polverose e zone umide, alimentate dalle acque sotterranee del Kilimangiaro, che diventano rifugio vitale per branchi di zebre, gnu, bufali e giraffe, oltre che per predatori come leoni e ghepardi. Gli stormi di ibis, aironi e aquile pescatrici riempiono il cielo, mentre i tramonti tingono la savana di rosa e arancio, trasformando ogni giornata in una tavolozza mutevole di colori.
Amboseli è famoso per i suoi elefanti: qui vivono alcuni dei più imponenti d’Africa, veri patriarchi dalle zanne spettacolari, osservati e studiati da generazioni di ricercatori. Ma il fascino del parco va oltre la fauna: i villaggi Maasai che punteggiano i confini raccontano una cultura che da secoli convive con questo ambiente fragile, tra miti e leggende che vedono il Kilimangiaro come la “casa degli spiriti” e custode della savana.
Il nome stesso “Amboseli” deriva dal termine Maasai Empusel, “luogo della polvere salata”, e rende bene l’essenza di questa terra aspra ma generosa. Dichiarato parco nazionale nel 1974, è oggi una delle mete più amate dai viaggiatori e dai fotografi, che qui trovano la quintessenza dell’Africa: spazi infiniti, silenzi antichi e la magia senza tempo della montagna che abbraccia la pianura.
Il mio hotel: Satao Elerai Camp
Descrivere l’Elerai Camp è come raccontare un sogno sospeso tra savana e vetta innevata. Adagiato in una riserva privata, a poca distanza da Amboseli, il campo offre un angolo di tranquillità raro: svegliarsi in una tenda o in una cottage con vista diretta sul Kilimangiaro è un privilegio che sembra rubato alla natura. Le camere, accoglienti e discrete, uniscono materiali locali con comodità moderne: ampie terrazze, bagni privati, acqua calda e quella sensazione di silenzio che solo un mattino africano sa regalare.
La convivialità prende forma nella piscina a sfioro che guarda il parco, nel bar-lounge scavato tra massi, nelle cene à la carte che si possono vivere sotto le stelle mentre gli animali si dissetano nella pozza d’acqua.
C’è anche un valore più profondo che si percepisce: il campo è parte di una conservancy dove il rispetto per la fauna e il sostegno alla comunità Maasai sono parte del suo vivere quotidiano.
Per raggiungerlo, bisogna percorrere una strada sterrata a circa 30 minuti da quella principale: un invito a fermarsi, respirare, e sentirsi parte dell’Africa, senza clamori ma con una magia autentica.
17–18 agosto – Tsavo West
Il Tsavo West è una terra che sembra scolpita dal fuoco e dal tempo: rocce rosse, colline vulcaniche e acacie spinose creano un paesaggio aspro e spettacolare, dove ogni curva della pista regala una sorpresa. Qui gli elefanti si tingono di ruggine, ricoprendosi di terra vulcanica fino a diventare i celebri “elefanti rossi” e non è raro imbattersi nei maestosi Super Tusker, con zanne tanto lunghe da sfiorare il suolo. Intorno, branchi di giraffe, bufali e antilopi si muovono tra la polvere, mentre i leoni di Tsavo continuano ad alimentare leggende di forza e mistero.
Tra le meraviglie del parco ci sono anche le Mzima Springs, sorgenti cristalline dove ippopotami e coccodrilli convivono con pesci che nuotano in acque limpide al punto da sembrare trasparenti. È un contrasto sorprendente: l’aridità delle savane e la freschezza inattesa di questi laghi segreti.
Il clima qui è quello dell’avventura: giornate calde e secche, sere fresche e cieli infuocati che si accendono all’alba e al tramonto. Non a caso, Tsavo è stato scenario di storie che ancora oggi si raccontano, come quella dei due leoni senza criniera che nel 1898 terrorizzarono i lavoratori della ferrovia, diventando leggenda.
Oggi il parco, tra i più vasti d’Africa, conserva intatta questa aura selvaggia. Gli Orma e i Taita, popoli che abitano queste terre da generazioni, custodiscono tradizioni e racconti che si intrecciano con la vita degli animali. Tsavo West non è solo un safari: è l’incontro con un’Africa ruvida e autentica, che ti entra sotto pelle insieme alla sua polvere rossa.
Il mio hotel: Salt Lick Safari Lodge
Il Salt Lick Safari Lodge offre un’esperienza davvero unica: costruito su palafitte sopra le pozze d’acqua più frequentate dagli animali del parco, permette di vivere il safari 24 ore su 24 senza muoversi dalla propria stanza. Elefanti, bufali, zebre e altri ospiti della savana passano davanti alle finestre come in uno spettacolo privato, mentre terrazze panoramiche e camminamenti sopraelevati offrono punti di osservazione sicuri e tranquilli.
Ogni pasto diventa un’occasione speciale: la colazione e la cena vengono servite con vista diretta sulle pozze, dove la vita selvatica si svolge senza interruzioni. Non sorprende che chi soggiorna qui tenga sempre pronta la macchina fotografica: le scene più memorabili spesso accadono proprio davanti alla tua finestra, al crepuscolo o perfino di notte, quando le luci soffuse sulle pozze rivelano la presenza silenziosa degli animali.
Il lodge stesso è diventato iconico per la sua architettura sospesa, che riesce a coniugare comfort e sicurezza con l’emozione di essere immersi nella natura. Salt Lick non è solo un alloggio: è un invito a osservare la savana da un punto di vista privilegiato, vivendo la fauna africana in totale intimità e armonia con l’ambiente circostante.
19 agosto – Tsavo East
Tsavo East è la quintessenza della wilderness africana: uno dei parchi più vasti e selvaggi del continente, dove la savana rossa si estende a perdita d’occhio e i fiumi sinuosi tracciano percorsi che alimentano pozze frequentate da ippopotami e coccodrilli. Qui la natura è la protagonista assoluta, e il silenzio si interrompe solo per il richiamo degli animali o il fruscio del vento che solleva polvere dorata. Camminare tra queste pianure dà la sensazione di essere veri esploratori, immersi in un mondo senza confini, con cieli smisurati e tramonti capaci di incendiare l’orizzonte.
La fauna di Tsavo East è leggendaria: i Super Tusker, elefanti dai denti enormi e rari, camminano lenti tra acacie e cespugli, mentre branchi di leoni si muovono silenziosi nell’erba. Giraffe, zebre, orici e bufali si susseguono tra i panorami infiniti, e chi ha fortuna può osservare anche leopardi furtivi che si nascondono tra la vegetazione. Il fiume Galana aggiunge un tocco di vita inaspettata, con ippopotami che emergono dall’acqua e coccodrilli immobili sulle rive.
Tsavo East custodisce anche storie e leggende che si intrecciano con la sua natura: le popolazioni Maasai, Orma e Galla hanno abitato queste terre per secoli, mentre nel 1898, durante la costruzione della ferrovia Uganda-Mombasa due leoni maschi senza criniera, le celebri “belve di Tsavo”, terrorizzarono gli operai, trasformandosi in mito.
La loro mancanza di criniera, relativamente rara nei maschi, li rendeva visivamente distinti e ancora più inquietanti per chi li incontrava. I leoni agivano soprattutto di notte, entrando nei dormitori o aggirandosi vicino ai cantieri. La combinazione di ferocia, astuzia e la loro apparente “caccia senza motivo” generò grande panico tra gli operai europei e locali.
Alcuni studi moderni suggeriscono che la scarsità di cibo naturale e le condizioni ambientali abbiano giocato un ruolo fondamentale. Il capo dei leoni fu ucciso nel dicembre 1898 da John Henry Patterson, l’ingegnere a capo del progetto ferroviario. L’altro leone fu ucciso poco dopo.
Oggi le ossa dei due leoni sono esposte al Field Museum di Chicago. Le dimensioni dei maschi erano impressionanti: uno dei due aveva zanne lunghe oltre 7 cm, tra le più grandi mai registrate. La vicenda ispirò libri e film, il più famoso dei quali è “The Ghost and the Darkness” (1996), con Val Kilmer e Michael Douglas.
Lo Tsavo East oggi è un simbolo di conservazione, dove il Kenya Wildlife Service lavora per proteggere i Super Tusker e tutta la fauna che rende unico questo angolo di Africa.
Il mio hotel: Manyatta Camp
Il Manyatta Camp si inserisce armoniosamente nella savana di Tsavo, con tende basic ma confortevoli che spesso regalano una vista diretta sul bush e sulla vita selvaggia che si muove tranquilla intorno al campo. Ogni tenda ha la sua piccola piscina panoramica, affacciata sul paesaggio rosso tipico della regione.
Ogni giornata al Manyatta Camp inizia con la magia dell’alba: sorseggiare un caffè in veranda, ascoltando il bush che si risveglia tra richiami di uccelli e passi di animali, è un’esperienza che resta impressa nella memoria.
Il campo è anche apprezzato per la cucina genuina e curata, che offre sapori autentici icon vista sulla natura incontaminata.
20–24 agosto – estensione mare
Quale destinazione abbiamo scelto? Leggete Mare in Kenya ad agosto dove andare.
Cosa mettere in valigia per un safari in Kenya ad agosto
Sono una fan del “less is more”: anche per il Kenya sono partita con un semplice trolley da cabina e un bagaglio sotto al sedile. Il segreto sta nel combinare i capi per creare diversi outfit, scegliendo tonalità neutre come beige e verde, perfette anche per mimetizzarsi durante i safari. Per non dimenticare nulla, una lista da spuntare a mano a mano è sempre la soluzione migliore.
Per i safari bastano pantaloni lunghi e t-shirt leggere e traspiranti, da abbinare a felpe per le mattine e le sere più fresche. Un k-way è indispensabile (spoiler: al Maasai Mara ha piovuto tutti i pomeriggi). Ai piedi, scarpe chiuse e comode. In jeep, con il tetto sollevato, cappello e crema solare alta protezione diventano fondamentali per ripararsi dal sole. Nei parchi più polverosi come Amboseli e Tsavo ho visto diversi turisti con la mascherina: non è essenziale, ma se siete sensibili alla polvere può tornare utile. Anche se non avete in programma il mare, non dimenticate costume e infradito: molte lodge e campi tendati hanno piscine dove rilassarsi tra un safari e l’altro.
Qualcuno consiglia di portare il binocolo, ma di solito la guida ne ha uno sulla jeep: tenete presente che andrà condiviso con gli altri passeggeri. Stesso discorso per la torcia: nei campi, di sera, serve per illuminare i viottoli e per eventuali incontri con gli animali. In tutte le strutture in cui siamo stati c’erano torce a disposizione in camera e addetti alla sicurezza (spesso Maasai) che accompagnavano gli ospiti, quindi quella del cellulare può bastare.
Un oggetto da mettere assolutamente in valigia è invece un adattatore multiprese: in Kenya si usano le prese di tipo G, lo stesso standard britannico.
Faq e consigli utili
- Per andare in Kenya è necessario il visto? Sì, per il Kenya serve un visto elettronico (eVisa), che ha un costo di 30$ e può essere richiesto comodamente online tramite il sito ufficiale www.etakenya.go.ke. È consigliabile fare richiesta almeno due settimane prima della partenza. Il visto ha una durata di 90 giorni e, secondo le informazioni ufficiali, deve essere valido al momento dell’ingresso nel paese. Noi, per esempio, lo abbiamo richiesto con largo anticipo e solo in un secondo momento ci siamo accorti che sarebbe scaduto proprio durante il viaggio. In teoria non ci sarebbero stati problemi, ma per sicurezza l’abbiamo rifatto con scadenza successiva al nostro rientro. La lezione è semplice: non c’è bisogno di preoccuparsi troppo richiedendolo con largo anticipo. Una volta ottenuto, stampate una copia cartacea da mostrare in aeroporto, perché verrà apposta una timbratura, e conservatene anche una digitale sul telefono per ogni evenienza.
- Devo fare la profilassi antimalarica? La malaria è endemica in Kenya, ma il rischio varia notevolmente in base alla zona geografica, all’altitudine e alla stagione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa il 70% della popolazione vive in aree a rischio, con una prevalenza annuale stimata di circa 6 milioni di casi. Le regioni con il rischio più elevato includono le aree costiere e quelle intorno al Lago Vittoria. Nelle zone a rischio, le autorità sanitarie raccomandano la profilassi antimalarica. Sebbene non abbia incontrato molte zanzare, ho scelto di seguire il consiglio medico per precauzione e ho preso 1 compressa al dì di Malarone iniziando dal giorno prima della partenza e proseguendo per tutta la settimana successiva al rientro. Una scatola contiene 2 blister da 14 compresse e costa circa 70€ e può essere venduta dietro presentazione di ricetta medica. L’altro antimalarico è il Lariam ma era introvabile prima della partenza. Se decidete di seguire la profilassi, dotatevi del medicinale per tempo.
- L’assicurazione viaggio è necessaria? Secondo me sì. Sottoscrivere una polizza è fondamentale per viaggiare tranquilli. Il paese offre esperienze incredibili, dai safari alle escursioni marine, ma gli imprevisti possono sempre capitare. Dotatevi di un’assicurazione che copra eventuali spese mediche, ricoveri e trasporti d’emergenza, oltre a proteggere contro ritardi o annullamenti. In un paese dove alcune cure possono essere costose o dove certe zone sono isolate, avere un supporto rapido e affidabile fa davvero la differenza. Se partite con un’attrezzatura fotografica molto costosa, verificate che abbiano anche questo tipo di copertura. Leggete l’articolo dedicato alla mia assicurazione di viaggio.
- Devo portare con me un kit di primo soccorso? Sì, è molto consigliato, soprattutto perché molti lodge e campi tendati si trovano in zone isolate, dove l’accesso a farmacie e parafarmacie non è immediato. Nel mio kit ho incluso antidolorifici, antidiarroici, antivomito, antipiretici, termometro, salviettine disinfettanti, spray antizanzare “deep” e cerotti. Un esempio pratico: dopo un paio di giorni nel Maasai Mara mi è comparso un orzaiolo, e non avevo con me alcun medicinale utile. Appena sono tornata in una cittadina con farmacia, ho potuto procurarmi un collirio antibiotico e antinfiammatorio. Avere un piccolo kit a portata di mano può quindi risparmiarti fastidi e attese, rendendo il viaggio più sicuro e tranquillo.
- Posso bere l’acqua della fontana o del rubinetto? No, è consigliabile bere solo acqua in bottiglia sigillata ed evitare ghiaccio nelle bibite o insalate lavate con acqua locale. Io, ad esempio, ho preferito anche non lavarmi i denti con l’acqua del rubinetto. Queste precauzioni aiutano a ridurre il rischio di disturbi intestinali, perché l’acqua corrente può contenere batteri o parassiti a cui il nostro organismo non è abituato.
- Come dovrò gestire i pagamenti, con carta di credito o in valuta locale? La moneta è lo Scellino kenyano (KES) che potrete prelevare presso gli ATM. In alternativa potete pagare con carta di credito o con i dollari (in qualche caso accettano anche gli euro).
- Il wifi funziona o è preferibile una sim locale? Io ho acquistato prima di partire una eSim su MobiMatter (circa 30$) e ho avuto a disposizione 10 giga per tutto il soggiorno. In generale però in tutti i lodge e i campi il wifi funzionava benissimo.
- Durante i safari devo attenermi a indicazioni particolari? Sì, dovete seguire sempre le istruzioni della guida, senza se e senza ma. Non scendete mai dalla jeep senza la sua autorizzazione! Ricordate di essere in parchi in cui i predatori sono liberi e potreste essere attaccati da un leone in pochi secondi. Non ci sono bagni nei parchi salvo nel piccolo aeroporto del Maasai Mara e in alcuni lodge interni ai parchi che consentono l’accesso anche ai non ospiti. Questo significa che se avete necessità di andare in bagno dovrete arrangiarvi nella natura ma esclusivamente su sua indicazione. Io ho risolto evitando di bere durante i safari! Quando state osservando gli animali, soprattutto se siete abbastanza vicini, evitate gridolini e schiamazzi, non siete al circo, non disturbateli più di quanto non faccia già la jeep accostandosi.
- Come si dice: kenyota o kenyano? Me lo sono chiesta anch’io prima di partire. La risposta ufficiale è che in italiano si usa kenyota, sia come sostantivo che come aggettivo. Quindi: “un kenyota”, “la cultura kenyota” e così via. In giro però capita spesso di leggere o sentire kenyano, probabilmente perché in inglese è Kenyan e suona simile. Ma, se vogliamo essere pignoli, la forma corretta rimane kenyota.