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Dove mangiare a Napoli

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Dove mangiare a Napoli? Dopo che la rivista britannica Time Out ha eletto Napoli capitale della gastronomia posizionandola al primo posto tra le 20 città in cui si mangia meglio al mondo tutti vogliono andare (ma soprattutto tornare) nella città partenopea per sperimentare la sua cucina!

Vi abbiamo già consigliato dove mangiare la pizza a Napoli ora vogliamo suggerirvi i nostri indirizzi del cuore in città per pranzo e per cena.

Street food

La parola light e Napoli non si sposano bene ma se l’obiettivo è restare (più) leggeri a pranzo, consigliamo lo street food.

Il mio preferito è il cuzzetiello (pronunciato però cuztiello). Se siete tra quelli che fanno la scarpetta nel sugo, allora non potete non provare questa prelibatezza! Il “pane cafone” (così chiamato perché era quello del popolo, preparato con farine grezze) viene svuotato della mollica e riempito fino all’orlo con polpette al ragù napoletano,  salsiccia e friarielli, genovese, parmigiana per citare i ripieni quelli più goduriosi. Io ne ho mangiato uno super da Tandem, in via di Mezzocannone 75.

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Cuzzetiello napoletano

Alternativa al cuzzetiello è l’ormai iconico cuoppo napoletano.

Di cosa parliamo? Di un cono di cartapaglia riempito di pesce (alici, moscardini, calamari, baccalà o polpo), verdura in purezza o in pastella e sfiziosità varie (mozzarelline fritte, crocché, zeppole di pasta cresciuta, fiori di zucca lisci o farciti con la ricotta, frittatine di pasta). Tutto rigorosamente fritto!

Potete scegliere un cuoppo di mare, di terra, misto o addirittura nella versione dolce.  Sono bocconcini di pasta cresciuta e zeppoline, fritti e spolverate di zucchero. Una vera bontà!

Siccome (quasi) tutti sono pazzi per il cuoppo, armatevi di pazienza perché ovunque, soprattutto nel week end, troverete fila ma ne vale davvero la pena!

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Il cuoppo di San Biagio dei Librai

Un nome una garanzia: Il Cuoppo in San Biagio dei Librai.

Io mi sono lasciata tentare dal profumo di frittura di “Passione di Sofì“, in via Toledo 206, ma soprattutto dal pittoresco lancio di sale grosso addosso ai clienti in attesa come segno di augurio (ma davvero?)! Posso confermare una frittura gustosa e leggera che ho mangiato passeggiando per strada (anche perché che street food sarebbe)?

Lo street food Napoletano: cuoppo misto mare e monti!

Lo street food Napoletano: cuoppo misto mare e monti!

La pizza a portafoglio è un altro must dello street food napoletano. Si tratta di una pizzetta tonda che viene chiusa su se stessa (piegandola due volte) e avvolta in un foglio di carta da forno. Invitanti margherite e marinare sono esposte in vassoi stracolmi nei banchi esterni di molti locali per accattivare chiunque sia a passeggio. Impossibile resistere!

L’origine della pizza a libretto, come viene anche chiamata, non è certa anche se molti sostengono che sia nata nell’Antica Pizzeria Port’Alba. Di certo, oggi potete trovarne di eccellenti ovunque ad un prezzo davvero competitivo (1/2€).  Noi consigliamo senza se e senza ma, “Fiorenzano” alla Pignasecca.

Se siete più orientati al dolce, allora optate per la mitica graffa! Parliamo della ciambella fritta cosparsa di zucchero che però a Napoli non ha la classica forma rotonda ma a goccia con due lati intrecciati. Il must è la graffa calda: quindi andate in uno dei Ciro Chalet sparsi per la città e godetevela appena fritta.

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Graffa napoletana

Se è giunta l’ora dell’aperitivo e volete farne uno tradizionale, in un locale storico della città, andate al “Gran Caffè Gambrinus”, in Piazza Trieste e Trento 2, proprio all’inizio di via Chiaia. Da 150 anni luogo di ritrovo di intellettuali del calibro di Wilde, Croce, Russo, Serao solo per citarne alcuni, il Gambrinus sfoggia ancora oggi un’eleganza liberty che ha mantenuto viva la sua fama di salotto letterario.

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Una delle sale interne del Gambrinus

Se non riuscite a trovare posto a uno dei tavoli (interni o esterni) per degustare un caffè o un prodotto di finissima pasticceria, almeno date un’occhiata alle sale affrescate, ai quadri alle pareti, ai lampadari che evocano la Belle Epoque.

Inizialmente solo Gran Caffè, a fine ‘800 diventò Gran Caffè Gambrinus. Il nome viene dal nome del re delle Fiandre, inventore della birra per celebrare le due più famose bevande d’Europa: la birra nordica e il caffè napoletano. Tra le sale del Caffè nasce una figura tutta partenopea, la sciantosa, una “traduzione” locale della chanteuse, la cantante di operetta. E seduti a quei tavolini, Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio hanno fondato Il Mattino, il giornale di Napoli.

Dove mangiare a Napoli a pranzo

Per pranzo vi consiglio “Januarius Il miracolo del buongusto”, ristorante con bottega e street food. In pieno centro, di fronte al Duomo, è un locale con un concept ben preciso: il culto di San Gennaro.

Non solo Santo Protettore di Napoli ma figura di riferimento anche nell’immaginario partenopeo più laico.

A tavola da Januarius si compie un miracolo, quello del buon gusto. Diverso certo da quello del sangue del Santo che due volte l’anno si scioglie con grande giubilo dei fedeli raccolti in preghiera, ma pur sempre un miracolo!

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Opera “San Gennaro Futtetenne” di Nicola Masuottolo

Nel locale, San Gennaro è raccontato da artisti diversi tra immagini più convenzionali e altre più creative. I miei preferiti? Il San Gennaro dello street artist Jorit, le opere colorate di Fabrizio Scala e quelle di “denuncia sociale” del flegreo Nicola Masuottolo.

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La parmigiana di melanzane con pomodoro San marzano dop, fior di latte di Massa Lubrense e Parmigiano reggiano dop

Accomodatevi al tavolo e ordinate la parmigiana per antipasto e un primo semplice semplice, lo “spaghetto della Santissima Trinità”. Questo saporito blend dei 3 pomodori più celebrati del territorio (pomodoro San Marzano dop, pomodorino di Corbara e pomodoro del piennolo del Vesuvio dop) vi farà arrecriare*. Se invece volete un piatto che più tradizionale non c’è, optate per gli ziti alla genovese (un ragù bianco con carne di manzo e abbondanti cipolle).

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Ziti alla Genovese

Se riuscite, non rinunciate al secondo e puntate il baccalà cotto al vapore con scarole alla napoletana (con capperi di Salina, acciughe di Cetara e olive nere di Gaeta). Un posticino per il dolce c’è sempre, giusto?

Le materie prime di qualità che troverete nel piatto, si trovano anche sugli scaffali della bottega: un souvenir di quelli che piacciono a noi!

* godere a tal punto che il corpo si rigenera, appagare.

…e a cena?

Per cena vi consiglio “Mimì alla ferrovia”, la “casa della tradizione culinaria partenopea”. Dal 1943 da Mimì, dal soprannome del fondatore Emilio insieme alla moglie Ida, si degustano piatti intramontabili con ricette tramandate di generazione in generazione come i Peperoni ‘mbuttunati, le Crocchè di patate e friarielli o le Candele alla genovese.

Cosa sono le Candele? Le candele sono una tipologia di pasta lunga forata che viene spezzata a mano in maniera irregolare.

La terza generazione, capeggiata dallo chef Sasà (Salvatore, nipote di Emilio) ha portato un po’ di innovazione che ben si sposa con i grandi classici. Piccole incursioni contemporanee dal sapore orientale come le Alici ‘mbuttunate, zucchine alla scapece e mayo al wasabi.

Simbolo di Mimì è il ferro di cavallo, in memoria dell’altra passione di Emilio Giugliano, i cavalli! “Alla ferrovia” indica invece la location, in pieno centro e vicino alla stazione centrale.

Altro locale dove trovare la cucina tradizionale napoletana senza spendere una fortuna è la “Locanda del Gesù Vecchio”.

In questo ristorante dovrete iniziare con la mozzarella in carrozza o melanzane alla parmigiana e, a seguire, pasta, patate e provola o, immancabili anche qui, ziti alla genovese. I piatti sono saporiti e sostanziosi. Se resta uno spazietto, concedetevi il buonissimo tiramisù.

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